Arterite a cellule giganti (arterite temporale)



L’arterite gigantocellulare appartiene al gruppo delle vasculiti
e si caratterizza per l’interessamento dell’aorta e dei suoi rami principali, con una predilezione per le branche extracraniche della carotide, tra le quali rientra l’arteria temporale. Colpisce generalmente pazienti di età superiore ai 50 anni, con una incidenza che aumenta con l’aumentare dell’età ed una predilezione per il sesso femminile.
Il quadro clinico dell’arterite gigantocellulare si caratterizza per la variabile combinazione di manifestazioni sistemiche e “distrettuali” specie a livello del distretto craniale. 
L’interessamento delle arterie temporali costituisce l’espressione più nota e caratteristica della malattia.
Fra le manifestazioni sistemiche figurano: febbre, astenia, malessere generale, calo di appetito e di peso e sudorazione notturna.
Fra le manifestazioni legate all’impegno delle arterie del distretto craniale rientrano: cefalea temporale (mono-bilaterale, ma anche frontale od occipitale ad esordio brusco e spesso associata con ipersensibilità del cuoio capelluto anche al semplice sfioramento), disturbi visivi (amaurosi fugace, difetti del campo visivo, allucinazioni visive, diplopia transitoria, cecità mono o bilaterale), dolore e stanchezza a livello della mandibola durante la masticazione (“claudicatio” masticatoria), algie facciali.
L’arterite gigantocellulare può interessare anche altri distretti arteriosi. 
Ne deriva una ampia varietà di manifestazioni cliniche dipendenti a volte insidiose ed elusive.
L’interessamento del sistema nervoso centrale può manifestarsi con attacchi ischemici transitori, ictus, vertigini, sordità neurosensoriale, paralisi di un nervo cranico.
In alcuni pazienti lo scenario clinico può essere dominato dalle manifestazioni sistemiche menzionate. 
Nel 30-50% dei pazienti l’arterite gigantocellulare si associa con la polimialgia reumatica.

Indagini di laboratorio e strumentali

Le indagini di laboratorio nelle fasi di attività dell’arterite si caratterizzano per il netto incremento degli indici di flogosi quali la velocità di eritrosedimentazione (VES), il fibrinogeno e la proteina C-Reattiva (PCR). Spesso è presente un’anemia associata alla flogosi cronica.
L’ecografia color-Doppler delle arterie temporali può risultare molto utile ai fini diagnostici. Il reperto più caratteristico è rappresentato dalla presenza di un alone ipoecogeno attorno al lume, probabilmente dovuto all’edema infiammatorio della parete arteriosa.
La neuropatia ottica ischemica anteriore, con possibile perdita completa della vista è la complicanza oculare più grave dell’arterite gigantocellulare dell’arterite temporale ed è dovuta all’ischemia del nervo ottico per la vasculite delle arterie ciliari. L’esame del fondo dell’occhio può rivelare la presenza di edema del disco, emorragie retiniche “a fiamma” nella fase acuta ed atrofia ottica dopo alcuni mesi. L’angiografia convenzionale, angio-TC, angio-RM, la PET possono documentare il coinvolgimento dei grandi vasi.

Terapia

I corticosteroidi sono il trattamento di scelta sia per l’arterite gigantocellulare che per la polimialgia reumatica. Il dosaggio è considerevolmente più alto nell’arterite gigantocellulare. In genere, la dose iniziale è di 40-60 mg di prednisone (o equivalenti) al giorno. Se non vi è una rapida risposta, la posologia dovrebbe essere aumentata. La dose iniziale è mantenuta per 2-4 settimane fino a che non si registra la completa remissione dei sintomi e gli indici di flogosi sono rientrati nel range di normalità. La posologia viene ridotta successivamente in modo graduale fino alla sospensione o al raggiungimento della dose minima efficace. La durata della terapia cortisonica è variabile ma nella maggior parte dei casi è di almeno un anno. Il methotrexate al dosaggio di 10-15 mg alla settimana può essere impiegato nel tentativo di ridurre più rapidamente la dose giornaliera di cortisonico, oppure nei pazienti che presentano controindicazioni alla terapia steroidea (es. diabete mellito, ipertensione arteriosa, grave osteoporosi).

In tutti i pazienti è necessario attuare una appropriata ed incisiva strategia di trattamento volta a prevenire e contrastare l’osteoporosi secondaria al trattamento cortisonico protratto.

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