L’insulino-resistenza
Insulino resistenza e danni al cervello
![]() |
fonte immagine: http://www.informazionimediche.com/insulinoresitenza |
La resistenza all’insulina ostacola l’ingresso di glucosio all’interno delle cellule e, al contempo, frena la trasformazione dei grassi in energia. Questa condizione, dunque, se da una parte aumenta i livelli di glucosio nel sangue dall’altra riduce la disponibilità di combustibile (glucosio e acidi grassi) dentro le cellule che si trovano così in uno stato di relativo deficit energetico cominciando a funzionare meno bene e accumulando difetti.
Nello studio, circa 500 pazienti con malattie cardiovascolari sono stati seguiti per 20 anni. Chi, all’ingresso nello studio, era affetto da insulino-resistenza (senza necessariamente soffrire di diabete) ha manifestato nei venti anni successivi il più rapido declino delle performance cognitive, in particolare della memoria e delle funzioni esecutive -quei processi mentali che permettono di pianificare e attuare progetti con lo scopo di raggiungere un obbiettivo.
Non è la prima volta che un’alterazione del metabolismo del glucosio è stata associata al decadimento cognitivo: basti pensare che chi è affetto da diabete ha il doppio dell’incidenza di Alzheimer e che una dieta ricca in carboidrati aumenta di quasi 4 volte il rischio di sviluppare deficit cognitivo.
L’insulino-resistenza è sempre più diffusa, associata tipicamente al consumo smodato di carboidrati raffinati e zuccheri, specialmente fruttosio. Anche se più frequente in chi è sovrappeso e obeso, va comunque sottolineato che non è necessariamente associata al peso corporeo: sempre più spesso si riscontrano, infatti, individui magri affetti da insulino-resistenza mentre, al contrario, molte persone obese risultano in perfetta salute metabolica.
L’associazione fra insulino-resistenza, diabete e malattie cardiovascolari è nota da tempo ma è solo da qualche anno che si è cominciato a comprendere il suo ruolo nelle malattie neurodegenerative, dal lieve decadimento cognitivo fino a gravi forme di demenze, tanto che alcuni autori si sono spinti a definire l’Alzheimer come “diabete di tipo 3”.
L’insulino-resistenza altera vie di segnale che regolano la produzione di energia, l’espressione dei geni, la sopravvivenza e la plasticità dei neuroni; aumenta l’infiammazione e lo stress ossidativo danneggiando le proteine, le membrane cellulari e lo stesso DNA. Tutti questi eventi accelerano la perdita delle funzioni cognitive e della memoria.
L’insulino-resistenza, una volta diagnosticata, è trattabile modificando la dieta, iniziando l’attività fisica e assumendo opportuni farmaci. Per diagnosticarla è sufficiente fare un prelievo di sangue al mattino a digiuno e dosare i livelli di insulina. Sono considerati ottimali livelli inferiori a 5-6 microunità/ml. Si può anche dosare l’HOMA index, un indice che valuta l’insulino-resistenza in base alle concentrazioni nel siero di glucosio e insulina a digiuno. Identificarla precocemente è importantissimo se vogliamo proteggere i nostri organi – dal cuore, ai vasi, al cervello – dall’invecchiamento precoce.
Fonte: Insulin Resistance and Future Cognitive Performance and Cognitive Decline in Elderly Patients with Cardiovascular Disease. Journal of Alzheimer’s Disease, 2017